Come sono solita dire spesso in consultazione e come diceva spesso il grande Totò, "la felicità, signora mia, è fatta di attimi di dimenticanza!" Partendo un po' da questa affermazione che sento molto vera, in effetti penso, e, sono fermamente convinta che la finalità di un percorso psicologico non sia mai quella del raggiungimento della felicità. Fermo restando che la felicità è un picco di piacevolezza che non può durare sempre e che, soprattutto, dipende molto dalla motivazione della persona a ricercarla, forse è più corretto pensare che il vero obiettivo di un percorso psicologico è quello legato alla ricerca di una serenità, di un equilibrio, di una presa di contatto con se stessi. Molte persone che chiedono aiuto invece, sentono la necessitò di collocarsi o in un up o in un down e senza l'uno o l'altro non riescono ad affermare il loro io. La ricerca di una sensazione più forte, di un brivido, di un rischio viene vissuta come più appagante dell'equilibrio stesso, che anzi molto spesso viene classificato come noia o appiattimento. Tuttavia ciò che mi fa sentire sereno, ciò che mi fa godere di questa serenità e quindi di questo equilibrio ha sicuramente degli effetti più nel lungo termine, rispetto ad esempio al brivido provato sul momento. La felicità è effimera, la serenità può diventare una costante della nostra vita, se lo vogliamo. Non è più giusto o sbagliato essere felici o sereni, ma è sicuramente molto importante riconoscerne la differenza e godere dei benefici effimeri o duraturi che siano. La serenità non viene regalata a nessuno nè tantomeno dipende da nessuno, se non da noi stessi e dalla forza di volontà che ci mettiamo nell'investire su di noi e sulla nostra tranquillità d'animo.
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