Desiderio Sessuale Ipoattivo: influenze ambientali o personali?
- sabrinapompeipsicologa
- 2 giu 2020
- Tempo di lettura: 2 min

Per poter dare una definizione di desiderio sessuale ipoattivo o basso desiderio sessuale, bisogna poter dare una definizione appropriata al concetto di desiderio sessuale; così come il termine “fame” viene utilizzato per indicare il desiderio di mangiare, con il termine “libido” viene indicato il desiderio sessuale e la pulsione a trovare tale soddisfacimento del bisogno. La teoria pulsionale afferma che l’impulso sessuale aumenta con la deprivazione, in quanto il blocco della pulsione ne produce l’accumulo; teorie più recenti invece affermano che il desiderio sessuale sia dipendente dalla stimolazione ambientale: secondo questa prospettiva quindi, il desiderio è presente solo di fronte a determinati stimoli adeguati. La cosa più interessante emersa nei vari studi rispetto al desiderio sessuale è quella legata al fatto che il desiderio sessuale può aumentare sia in condizioni di frustrazione sessuale (mancanze, stress, eventi che possono portare ad un abbassamento dell’umore), sia in condizioni di soddisfazione sessuale (regolare attività sessuale che, stimolando il recettore della dopamina, va ad aumentare il piacere e il bisogno di ripetere quell’attività); questo complica indubbiamente lo studio del fenomeno rispetto alla presenza oppure assenza di una regolare attività sessuale. In un ultimo studio effettuato da Dettore e coll. all’ interno di un carcere (1999), si osservò come “gli effetti della deprivazione sessuale sui detenuti fossero legati alle circostanze e alle interpretazioni cognitive dei soggetti; molto dipende da come ogni soggetto considera il proprio controllo sulla sfera sessuale e l’importanza di questa per lui”, evidenziando quindi l’estrema importanza di un fattore assolutamente soggettivo, non legato a fattori ambientali o situazionali.
Fatte queste premesse, i soggetti a desiderio sessuali ipoattivo sono quelli che non sono sessualmente procettivi, cioè non prendono l’iniziativa sessuale, ma sono solitamente recettivi, cioè se stimolati adeguatamente, allora accettano l’offerta sessuale e ne possono godere adeguatamente, oppure, non traggono grande piacere ma non fanno esperienze di emozioni in negativo. Altra cosa invece sono i soggetti che presentano un’avversione sessuale vera e propria; in questo caso i pazienti non sono nè procettivi nè recettivi, possono provare avversione o disgusto oppure paura per tutto ciò che concerne la sessualità, anche solo in immaginazione.
Per spiegare l’eziopatogenesi del disturbo da desiderio sessuale ipoattivo, può essere utile fare riferimento al modello interazionale di Levine, che si basa su tre componenti fondamentali: la pulsione biologica, la motivazione psicologica e l’aspirazione cognitiva. La prima consiste nei meccanismi biologici a sede cerebrale che inducono alla conservazione della specie e alla ricerca consapevole di una stimolazione sessuale; la seconda comprende l’attrazione interpersonale e la stimolazione “voyeuristica”, che si riferisce alle rappresentazioni verbali, visive, uditive dell’eccitazione sessuale. Il terzo elemento, quello dell’aspirazione cognitiva, è rappresentato dalla misura in cui il soggetto acconsente al desiderio di impegnarsi in attività sessuali, nel presupposto che questo sia il comportamento “normale” o “atteso”. Inoltre, tali pensieri di appropriatezza di un’attività o di un’attivazione sessuale costituiscono un meccanismo d’accesso per il desiderio sessuale, innescandolo o inibendolo.
Prima di poter fare diagnosi di disturbo da desiderio sessuale ipoattivo, è opportuno escludere cause di natura organica oppure l’assunzione di determinati farmaci. Inoltre molto spesso il calo del desiderio è concomitante a disturbi dell’umore, come la depressione; in questo caso quindi, l’abbassamento del desiderio è una conseguenza secondaria di un altro disturbo principale.
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